Il bambino che vola

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Questo l’url per andare alla pagina del libro

In questo libro sono inserite due favole, nella prima il protagonista è Luigi un bambino polacco di dieci anni, che vive in provincia, ama il mare, la natura e gli animali, è un bambino felice, si accontenta di ciò che ha e scopre, inaspettatamente, di saper volare e di comprendere il linguaggio degli animali.

Nella seconda i protagonisti sono nove bambini che nascono lo stesso giorno in un paese dove gli uomini hanno dimenticato l’amore. La loro presenza realizzerà tanti miracoli, trasformando gli uomini del paese e di tutta la terra.

Scopo del romanzo è trasmettere, attraverso i suoi personaggi, messaggi di amicizia, speranza, pace e amore.

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Di seguito allego le prime pagine del libro come anteprima

Luigi vola

 

Il sole era caldo e alto nel cielo, le piante aprivano i loro rami ad accogliere il calore, già sentivano
fremere la vita che prepotente premeva dentro le gemme verdi e gonfie.
La primavera era arrivata e spargeva sulla terra i suoi profumi e i suoi colori.
Luigi passeggiava, gli faceva compagnia Rum il suo cane, suo, si fa per dire! Rum era il cane di tutti gli
abitanti di Cerenova, una piccola frazione di Cerveteri, che si affaccia sul mare. Era di una razza non ben
identificata. Aveva un pelo corto e ispido dal colore marrone, una macchia bianca sotto la pancia e una
lunga coda che muoveva continuamente. Il suo sguardo era buono e aveva un carattere allegro.
Forse proprio per questo aveva trovato tanti amici che si occupavano di lui e non gli facevano mancare un
pasto al giorno.
In quella magnifica giornata, Luigi allungava il passo nell’ansia di raggiungere la spiaggia.
Tutto sembrava più luminoso anche il viso dei pochi passanti era più disteso e sereno.
Rum correva avanti e indietro lungo il sentiero erboso, fermandosi ogni tanto ad annusare l’aria come per
raccogliere notizie attraverso gli odori registrati dal suo olfatto considerevole.
Luigi camminava a passo svelto, aveva in mano un bastone raccolto nel prato e con questo, sfiorava le
piante basse che crescevano ai bordi del sentiero da lui ben conosciuto: lo percorreva quasi ogni giorno.
Camminava con quelle sue gambe lunghe e ossute come le braccia che penzolavano lungo il corpo.
Spesso imitava alla perfezione le scimmie e la loro camminata per far divertire i compagni e suscitare
l’ilarità.
Non si poteva dire che fosse bello.
Aveva un viso a punta, due occhi piccoli e vivaci di un azzurro intenso che esprimevano curiosità e
intelligenza.
I capelli rossicci erano come i peli dello spinone, sparavano verso l’alto e le orecchie leggermente a
sventola, erano sempre rosse, dello stesso colore delle lentiggini che gli punteggiavano il viso.
Luigi era quel che si dice un ragazzo simpatico, piaceva a tutti, raccontava barzellette con abilità e quando

vedeva il suo interlocutore che rideva soddisfatto, era contento.
La sua attività principale era fantasticare e lo faceva tanto bene da non lasciare dubbi nei suoi ascoltatori
circa la verità delle sue parole.
Era molto amato dai compagni che vedevano in lui un ribelle, ma anche un bambino molto buono.
Sempre disponibile ad aiutare e a donare un sorriso: i sorrisi erano la sua specialità.

Nonostante il dolore per la morte del padre e per aver lasciato la sua terra, dolore che a tratti traspariva,
quando parlava nostalgicamente dei tempi trascorsi in Polonia, dava l’impressione di essere un bambino,
se non felice, almeno sereno.
Quel giorno, il più speciale della sua vita, sarebbe rimasto nella sua memoria per molto tempo.
Aveva già superato il cavalcavia e il boschetto, quando all’orizzonte apparve il mare, azzurro tranquillo e
splendido nella sua immensa forza.
Luigi ebbe un sussulto, il cuore sembrò saltargli in petto alla vista di tanta meraviglia, la gioia che provò
gli procurò un’emozione così profonda da fargli sentire il desiderio di essere un gabbiano.
Improvvisamente si sentì sollevato da terra e si alzò sopra l’erba verde e le piante: stava volando.
Rum vedendolo allontanarsi dal suolo iniziò ad abbaiare col muso sollevato in alto verso il cielo e verso
l’amico che volava come fosse un uccello.
Luigi dal canto suo era paralizzato dalla meraviglia e dalla paura di precipitare a terra violentemente.
Sentiva il vento sfiorargli le gote e i capelli svolazzare intorno al viso.
Cominciò a pizzicarsi le braccia, convinto di sognare, ma il dolore che provò gli fece capire di essere
perfettamente sveglio, non stava sognando, ma il suo sogno si era realizzato: stava volando.
Guardò verso il basso e vide Rum fermo in attesa: aveva smesso d’abbaiare.
Cercò di chiamarlo, ma la voce non uscì.
Era immobile, sospeso nell’aria a circa trenta metri da terra.
Solo Rum era testimone dell’incredibile prodigio.
Luigi si sentì improvvisamente felice e leggero e per la prima volta, dopo tanto tempo, ebbe la sensazione
che valesse la pena di vivere.
Era in cielo con gli uccelli, che gli volavano intorno festosi urlando il loro stupore.
Un gabbiano, in particolare, sembrò attratto da quella strana situazione.

  • Cosa ci fai per aria – gli chiese – tu che sei un umano?
  • Non lo so – rispose Luigi incredulo di sentire un gabbiano parlare.
    Rum sotto di loro aveva ripreso ad abbaiare.
    Luigi gli urlò di stare zitto che sarebbero venuti tutti a vedere cosa stava accadendo.
    Lentamente scese verso terra quasi senza rendersene conto e fu di nuovo accanto a Rum che, per
    esprimere la gioia di averlo ritrovato, gli saltò addosso facendolo cadere.
    Il gabbiano aveva seguito Luigi nella sua discesa e si era fermato accanto ai due amici per capirci
    qualcosa di più.
  • Io sono Tommi – disse il gabbiano, con tono autoritario e impaziente. – Mi spieghi cosa sta succedendo?
  • Non lo so te lo ripeto! Non ne so niente, mi sono trovato improvvisamente in aria senza sapere né come,
    né perché! A proposito perché parli?
  • Tutti gli animali parlano il linguaggio degli uomini, ma loro non hanno mai avuto il tempo di scoprirlo,
    presi come sono sempre stati ad affermare la propria superiorità su tutti e su tutto. Solo alcuni dal cuore
    aperto alla conoscenza della verità hanno scoperto che anche gli animali parlano. Tu sei uno dei pochi.
  • E’ vero il gabbiano ha ragione, é proprio così!
    Luigi si girò di scatto, anche Rum aveva parlato.
  • Non è possibile! Che cosa sta accadendo?

Il bambino cominciò a correre verso il mare che con la sua tranquillità pareva, essere in quel momento
l’unico punto fermo e reale della sua vita.
Arrivò sulla riva e si fermò ansante, il cuore gli batteva forte, s’inginocchiò, poggiò le mani per terra a
sfiorare la sabbia bagnata.
Rum lo raggiunse e anche il gabbiano.

  • Perché scappi? – disse il volatile infastidito. – Tu non sai che questo per te è un giorno speciale?
  • Certo lo so, non sono stupido… cosa credi?
    Luigi camminava lungo la spiaggia spostando con le scarpe le conchiglie di tutti i colori e raccogliendo
    quelle che per le loro particolare sfumature attiravano la sua attenzione.
    Cercava di non pensare a ciò che era appena accaduto, aveva paura e non sapeva a chi chiedere aiuto e
    consiglio.
    Aveva passato in rassegna tutte le persone che conosceva e di cui aveva fiducia: la mamma, zia Alicia,
    Marta la sua compagna di scuola, la maestra Monica, la catechista, il parroco.
    Nessuno sembrava adatto a serbare il suo segreto.
    Chi gli avrebbe creduto veramente? Avrebbero pensato che era tutto frutto della sua fervida fantasia.
    Tante volte la mamma lo aveva sgridato per le storie di fantasmi che raccontava. Marta lo aveva ascoltato
    con grande attenzione e aveva creduto alle sue parole; spesso le raccontava dei fantasmi e di quando lo
    andavano a trovare e dei dispetti più incredibili che gli facevano… ma questo nuovo fatto meraviglioso
    che era accaduto Marta non avrebbe potuto tenerlo per sé.
    Zia Alicia era troppo occupata e certamente l’avrebbe preso in giro per il resto dei suoi giorni.
    La catechista era già abbastanza preoccupata per lui che era solo tutto il giorno per poterle dare altre
    preoccupazioni. E don Marco? Che cosa avrebbe fatto se gli avesse detto che aveva volato? Certamente
    gli avrebbe poggiato la mano sulla testa e gli avrebbe scompigliato i capelli sorridendo, proprio come
    aveva fatto quando gli aveva raccontato dei fantasmi.
    Luigi alzò gli occhi dalla sabbia e li lasciò correre sulla distesa azzurra che si stendeva come un immenso
    lenzuolo davanti ai suoi occhi.
    Il sole si stava abbassando all’orizzonte.
    Le giornate erano ancora brevi, la primavera da pochi giorni aveva salutato l’inverno.
    Un raggio entrò in una nuvola per farsi spazio e atterrò sul mare, l’acqua brillava come un diamante.
    Che meraviglia!
    Davanti ai giochi della natura Luigi non riusciva a restare insensibile.
    Accadde di nuovo. Si sollevò da terra e questa volta così rapidamente che gli mancò il respiro.
    Rum cominciò ad abbaiare e il gabbiano che non si era allontanato da loro riprese a svolazzare intorno al
    bambino.
  • Evviva voli, voli! Sei proprio come noi! Ne ho trovato un altro, ne ho trovato un altro!
    Il gabbiano continuava a strillare proprio dentro le orecchie di Luigi che impressionato cercava
    disperatamente di allontanarlo per evitare di diventare sordo.
  • Perché strilli, non sono sordo!
  • Sono felice, ne ho trovato un altro!
  • Un altro?
  • Un altro uomo che vola!
  • Un altro uomo che vola?
  • Perché ripeti le mie parole? Mi prendi in giro?- disse il gabbiano indispettito.
  • No! Figurati, ma mi sembra impossibile che tu conosca un altro uomo che vola!
  • Vedi anche tu sei come tutti gli altri: un presuntuoso. Ancora non sai veramente volare e già pensi di
    essere l’unico che lo fa!
    Il momento magico era finito, Luigi si trovò rapidamente a terra con suo grande rammarico. Il gabbiano
    gli fu subito accanto.
  • Conosci altri uomini che volano? Chiese incuriosito Luigi.
  • Certamente, ne ho conosciuti quattro. Ora ti devo lasciare!
  • No ti prego, raccontami degli uomini che sanno volare.
  • Non oggi, sono vecchio e stanco, questa é stata una giornata faticosa. Devo andare. Ti racconterò degli
    uomini che volavano un’altra volta.
  • Ti prego racconta, non potrei dormire questa notte con la curiosità che mi tormenta.
    Non ci volle molto per convincere Tommi a raccontare.
    Quel bambino magro e spaurito in fondo gli piaceva e del resto era presto per andare a dormire.
    I giovani gabbiani volavano in cielo strillando e si tuffavano ancora per pescare.
    Avrebbe raccontato la sua storia.
  • Devi sapere che io sono un vecchio gabbiano, ma quando dico, vecchio, non scherzo, ho la bellezza di
    trecento anni.
    Gli occhi di Luigi si spalancarono increduli.
    -Tu non mi credi, io lo leggo nei tuoi occhi, ma fai male. Io sono un gabbiano istruttore e come tutti quelli
    della mia specie sono destinato a vivere fino a quando non ho finito il mio programma, istruire tutti i
    gabbiani a me assegnati.
    Circa duecento anni fa queste terre non erano abitate, non esistevano le case e la terra che arrivava al mare
    era ricoperta di paludi.
    Nessun uomo vi si avventurava per timore delle malattie, degli animali che la popolavano e delle
    leggende che si raccontavano.
    Il mare era il nostro regno, l’acqua era pulita e popolata da un’infinita varietà di pesci.
    Un bel giorno, era inverno, mentre volavo in addestramento con alcuni giovani gabbiani, vidi alzarsi del
    fumo sulla costa.
    Mi avvicinai incuriosito e vidi con mia grande sorpresa un piccolo gruppo di uomini che avevano acceso
    un fuoco sulla riva del mare.
    Mi posai su uno scoglio a pochi metri da loro per guardare meglio.
    Erano quattro uomini vestiti di cenci, i loro volti, sfiniti dalle privazioni, non avevano età.
    Cercavano di scaldarsi come potevano con il calore di quel piccolo fuoco che rischiava a ogni soffio di
    vento di spegnersi. Erano proprio in cattive condizioni. Non parlavano e la cosa m’incuriosì non poco,
    comunicavano tra loro con i gesti.
    Quello che sembrava, dei quattro, il più giovane, improvvisamente si alzò da terra e levando le braccia al
    cielo pronuncio delle parole incomprensibili.
    Lentamente iniziò a sollevarsi dal suolo.
    Gli altri tre restarono immobili, seduti sulla sabbia col viso e le braccia rivolte al cielo.
    Il volto dell’uomo che volava era ora di una bellezza indescrivibile, illuminato dalla luce e le sue labbra
    erano aperte al sorriso.

I quattro sconosciuti, restarono alcuni giorni sulla riva del mare, senza mangiare, né dormire, solo
alimentando senza mai fermarsi il fuoco.
Per tutto quel tempo restarono in cerchio intorno al fuoco e solo uno per volta, a turno, se ne allontanava
per andare a cercare legna da bruciare.
Più volte in quei giorni li vidi sollevarsi da terra e volare verso l’alto del cielo, sempre sorridenti.
Tentai di parlare con loro, ma inutilmente, non mi risposero mai.
Non riuscii a sapere chi fossero e da dove venissero.
Una mattina se ne andarono così com’erano venuti e non li vidi più.
Poco tempo dopo sentii parlare di loro da un pescatore.
I quattro andavano per le città a predicare l’amore e se anche erano scacciati, picchiati e insultati se ne
andavano pacificamente col sorriso sulle labbra.
Per molto tempo si parlò di loro, alcuni raccontarono che avevano commesso fatti delittuosi, altri
miracolosi.
Il tempo era volato e Luigi affascinato dal misterioso racconto di Tommi si rese conto che il tempo era
passato troppo velocemente.
Il sole stava scendendo all’orizzonte e l’aria era diventata fredda.
Doveva sbrigarsi a tornare a casa o la mamma si sarebbe inquietata.
Senza dire una parola guardò il gabbiano e lo salutò con un cenno della mano.

Rum trotterellava al suo fianco e ogni tanto, guardandolo abbaiava.
Allungò il passo: non doveva farsi prendere dal buio fuori di casa. Gli ordini della mamma erano chiari!

Marta non ci crede

Appena rincasato, sentì la chiave girare nella serratura. Era la mamma che tornava con Elisa.

  • Perché sei al buio Luigi, ti senti male?
    La luce si accese e Luigi si sentì morire.
    Come avrebbe potuto nascondere alla mamma ciò che gli era accaduto?
  • No mamma non sto male, ho solo sonno!
    La mamma si avvicinò e poggiò la mano sulla fronte del figlio per accertarsi che non avesse la febbre.
  • Sei fresco, ma hai il viso rosso. E’ successo qualcosa?
  • Non è accaduto nulla, ho solo tanto sonno.
  • Hai fame? Ti preparo il pollo con le patate.
    Il pollo con le patate era la passione di Luigi, ma quella sera, incapace di nascondere alla mamma ciò che
    era successo, Luigi era disposto a saltare la sua cena preferita.
  • No mamma vado subito corro a letto!
    Così dicendo, andò nella sua stanza e s’infilò sotto le coperte.
    L’unica cosa che desiderava in quel momento era restare solo con i suoi pensieri per decidere cosa fare e a
    chi chiedere aiuto.
    Ciò che era capitato quel giorno forse era un sogno, e allora tutte le cose sarebbero tornate a posto la
    mattina successiva.
    Luigi saltò dal letto al suono della sveglia: doveva sbrigarsi, come tutte le mattine e preparare la
    colazione per sé ed Elisa, lavarla, vestirla e accompagnarla all’asilo, poi andare a scuola.

La casa era silenziosa come sempre la mattina.
La mamma e la zia uscivano alle sei per andare a Roma a lavorare e sarebbero tornate solo nel
pomeriggio.
A lui era affidato il compito di preparare il pranzo quando tornava da scuola e di andare a prendere Elisa
all’asilo, alle quattro, se la mamma non era ancora tornata.
Luigi era in Italia solo da un anno, vi si era trasferito con la mamma ed Elisa dalla Polonia, sua patria di
origine, quando il papà era morto in un incidente di lavoro.
Faceva il muratore ed era precipitato dal tetto di una casa.
Luigi ricordava con dolore quel giorno ed evitava di parlarne.
La notizia li aveva raggiunti quando la mamma non era in casa, c’era solo la nonna che si occupava di lui
e della sorellina.
La nonna non era riuscita a nascondere il dolore per la morte del figlio e a Luigi era toccata la sorte di
consolarla fino all’arrivo della mamma.
Dorota, chiusa nel suo dolore, senza riuscire a dimenticare la tragedia che l’aveva colpita, aveva deciso
all’improvviso di lasciare la Polonia per raggiungere la sorella che viveva in Italia e Luigi non aveva
avuto molto tempo per abituarsi alla novità.

La mamma era un tipo deciso e quando voleva una cosa, nessuno era in grado di farle cambiare idea.
Così nel giro di poche settimane aveva impacchettato tutte le loro cose, li aveva caricati sul treno ed erano
partiti verso l’Italia con tanti ricordi e speranze nel cuore.
Luigi aveva lasciato con dolore gli amici di scuola e le maestre, i nonni e gli zii, ma soprattutto il suo
paese che amava.
Il giorno della partenza vedendo la stazione della sua città allontanarsi, aveva pianto e ingoiando le
lacrime si era ripromesso di tornare.
Non avrebbe dimenticato e cancellato così facilmente dieci anni della sua vita, il suo paese, la sua lingua,
i suoi parenti.
Stava ripensando a tutto questo quando l’occhio si posò sull’orologio, era terribilmente tardi, doveva
sbrigarsi o si sarebbe preso una sgridata dalla maestra.
Elisa aveva terminato la colazione, le Infilò la giacca e prese la cartella correndo fuori di casa.
Non doveva percorrere molta strada per arrivare a scuola, ma per sicurezza allungò il passo.
Elisa cominciò a frignare: non riusciva a stargli dietro.

  • Non correre così non ce la faccio!
    La bimba non somigliava per niente al fratello.
    Era cicciottella e piuttosto piccola per la sua età, somigliava molto alla mamma della quale aveva preso
    anche il colore biondo dei capelli e il verde degli occhi. Non era allegra come Luigi e quando si
    arrabbiava, era capace di tenere il muso per giorni. La mamma la chiamava “la mia testardella”, anche
    perché voleva avere sempre l’ultima parola e spesso Luigi era la sua vittima.
    Lui la perdonava dei suoi capricci e delle bugie e la coccolava stringendola a sé quando i lacrimoni le
    scendevano sulle gote.
    Elisa usava le lacrime come arma di ricatto e quando aveva ottenuto ciò che voleva, improvvisamente
    smetteva di piangere, soddisfatta.
  • Sbrigati, altrimenti farò tardi e la maestra Monica mi sgriderà davanti a tutta la classe, lo sai che non mi
    piace fare brutte figure!
    Elisa continuava a lamentarsi mentre Luigi se la trascinava dietro, senza pietà, tenendola stretta per la
    manina.
  • Io sono piccola, ho le gambe più corte delle tue, lo vuoi capire! Continuava senza smettere di piangere.
    Finalmente arrivarono, Luigi lasciò Elisa alla bidella della scuola materna e si avviò all’ingresso della
    scuola elementare.
    Tutti erano entrati tranne Marta che lo aspettava fuori come sempre.
  • L’hai fatta ad arrivare, pensavo che oggi non venissi a scuola!
  • Mi è successo un fatto incredibile: volo! Le sussurrò Luigi.
    Marta sgranò gli occhi e spalancò la bocca in una smorfia d’incredulità.
  • Senti questa non me la bevo! Passino i fantasmi e tutte le altre storie che racconti, ma questa proprio te
    la potevi risparmiare!
  • Lo sapevo che non mi avresti creduto, ma ti giuro che è vero. Chiedilo a Rum se non ci credi!
  • Già come se Rum potesse parlare!
    Luigi restò per un attimo in silenzio rendendosi conto che se avesse detto a Marta che Rum e il gabbiano
    gli avevano parlato e lui li aveva compresi, avrebbe perso per sempre la sua migliore amica.

Tacque ed entrò a capo chino a scuola.
Quella mattina, nonostante gli sforzi, Luigi non riusciva proprio a seguire la lezione di storia.
La sua mente tornava all’esperienza incredibile e meravigliosa che l’aveva visto protagonista il giorno
prima.
Ogni tanto guardava Marta che seduta nella fila davanti alla sua non si perdeva una parola della
spiegazione della maestra.
Quella sgobbona! Avrebbe voluto che la sua amica, anziché alla lezione di storia pensasse a lui.
Improvvisamente quasi che con la mente l’avesse chiamata, Marta si girò a guardarlo, ma il suo sguardo
fu di disapprovazione e non di complicità.
Finalmente suonò la campanella della ricreazione e Luigi poté alzarsi.
Si diresse immediatamente verso il banco di Marta che stava apparecchiando per fare merenda.
Luigi stava dritto davanti a lei in piedi sbocconcellando il suo pezzo di pizza, in attesa che l’amica gli
rivolgesse lo sguardo.
Marta non alzò il viso a guardarlo, anzi abbassò gli occhi.
Non poteva sopportare che lei non gli credesse e in un impeto di rabbia fece cadere al bicchiere pieno di
succo di frutta.
Marta allora lo guardò, alzò il viso paonazzo per la collera e una lacrima le scese sul viso.

  • Non dovevi farlo! I suoi grandi occhi neri esprimevano tutta la sua delusione.
    Sulla classe scese un silenzio improvviso e tutti i compagni guardarono verso di loro sorpresi.
    Non era mai accaduto che Marta e Luigi litigassero, erano amici e si rispettavano, erano stati sempre
    solidali tra loro e con tutti i compagni.
    Il gesto di Luigi era giunto come un fulmine a ciel sereno a turbare la tranquillità di tutti.
    La maestra, che aveva assistito alla scena, cercò di alleggerire la tensione che si era creata.
  • Che cosa succede Luigi?
  • Non ha fatto apposta, è stato un incidente! Rispose per lui Marta.
    La maestra finse di non aver visto nulla e tornò a correggere i compiti.
    Luigi dal suo banco guardò l’amica e con gli occhi le disse tutta la sua gratitudine.
    Allora Marta si avvicinò a lui e chiese:
  • Perché mi hai raccontato quell’assurda bugia?
    -Ti giuro che non é una bugia, ma la verità! Vieni con me oggi e te lo dimostrerò!
  • Va bene, alle tre alla piazzetta!
    Non tornò a casa a mangiare, era troppo preoccupato per avere fame.
    Passò dalla piazzetta a prendere Rum che come sempre lo accolse scodinzolando e insieme si avviarono
    verso il mare.
    Luigi temeva di non riuscire più a volare e che Marta non gli credesse.
    In fondo il giorno prima era accaduto un fatto che poteva essere legato al caso e che avrebbe potuto non
    ripetersi.
    Giunto sulla montagnola dalla quale si vedeva il mare, fissò l’orizzonte e il turchino del cielo si mischiò
    con il blu del mare in una miscela meravigliosa di sfumature.
    Com’era bello! Non si stancava mai di ammirarlo.
    La gioia prese il suo cuore a tal punto che incominciò a sollevarsi velocemente e ancor prima di
    rendersene conto già volava sopra i prati verdi nel cielo azzurro.


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